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La vita di S.Filippo d'Agira

La vita di San Filippo d'Agira - Breve storia d'Agira

Indice articoli

 BREVE STORIA D'AGIRA

   Panorama di Agira 

Premessa 

Descrivere il culto di un santo vuol dire sempre narrare la storia degli uomini che gli sono devoti e molto spesso quello del luogo da essi abitato. Così per narrare la storia del culto di S. Filippo d’Agira è necessario tener presente la storia del paese in sui egli è venerato con il titolo di patrono. In questo primo capitolo, pertanto, mi soffermerò, in modo piuttosto succinto, sulla storia antica e recente di Agira nella convinzione che questo breve excursus serva a comprendere meglio le caratteristiche del culto di S. Filippo. In esso si partirà dalle prime frequentazioni umani risalenti alla preistoria per seguire la vita antichissima, antica e del passato più recente per giungere alla storia contemporanea e alla realtà attuale, decisamente meno gloriosa, ma non per questo meno degna di attenzione.

  

  

Breve excursus storico  

Agira, eretta su un monte che permette di dominare le colline circostanti e le valli del Salso e del Dittaino, vanta una storia millenaria. La sua origine si colloca già ai tempi delle prime frequentazioni umane nella zona interna della Sicilia e la sua storia interagisce con quella dei centri più interni dell’isola[1]. Il suo stesso nome denota un’origine chiaramente greca se, come sostengono diversi studiosi[2], deriva dal greco Argyrion o Agyrion che significa argento. Sul suo territorio sembra, infatti, che fossero presenti delle miniere di argento ben visibili fino al secolo XVI.

Il paese, in origine abitato dai Siculi, durante il periodo greco svolge un ruolo importante, secondo quanto scrive Diodoro Siculo[3], nella lotta tra Siracusa e Cartagine, fatto questo che permette agli abitanti di ottenere la cittadinanza siracusana. Nello stesso periodo la città è ricoperta di splendide opere pubbliche come alcuni templi ed il teatro, mentre è particolarmente fiorente il culto di Eracle[4]. Nel periodo romano — scrive Cicerone nelle Verrine — il popolo agirino, illustre e fedele, vede le proprie campagne deserte ed incolte per il malgoverno di Apronio, prefetto dei decumani[5], e per le ruberie di Verre.

Durante l’impero romano la storia di Agira rimane strettamente legata a quella di Roma. In seguito il paese passa sotto la giurisdizione dell’Impero d’Oriente.Nel periodo bizantino sembra essersi sviluppato un importante cenobio basiliano, la cui importanza è dimostrata dalla menzione nelle agiografie di santi monaci dell’area italo-greca e da recenti studi sulla vita di S. Filippo, attribuita al monaco Eusebio. Di tale cenobio di rito greco non resta alcuna traccia, poiché molto probabilmente è stato abbandonato nel IX secolo senza alcun apparente motivo[6], anche se esso può essere ravvisato in una forte carestia o in un’improbabile repressione araba.

Nel 1063 si combatte nel territorio tra Agira e Nicosia un’importante battaglia tra arabi e normanni nella quale resta ucciso il nipote del conte Ruggero, di nome Sarlo, dal quale la contrada prese il nome, mentre il conte Ruggero viene ospitato per alcuni giorni nel convento di Agira. Nel 1094 il convento di Agira viene ripopolato con monaci benedettini, ampliato ed arricchito con donazioni di suppellettile, rendite e feudi, mentre viene dedicato a S. Maria Latina. Nel periodo normanno vengono edificate diverse chiese tra le quali meritano particolare menzione quelle di S. Maria Maggiore e del SS. Salvatore.

Ai normanni seguono gli svevi, dai quali nel 1215 viene edificata la chiesa di S. Margherita su quella che prima era una chiesa bizantina dedicata a S. Sofia con una cappelletta in onore di S. Sebastiano.

Carlo V nel 1537 conferisce ad Agira il titolo di città e, in seguito al versamento di quindicimila fiorini, il privilegio di «mero e misto impero»[7], mentre il territorio è aggregato al regio demanio e non può essere venduto, né alienato, né pignorato, né concesso in baronia. Alla città viene, inoltre, concesso il diritto di possedere il gonfalone, che è rosso con un’aquila bifronte mentre al centro campeggia su fondo azzurro la figura di S. Filippo in abiti sacerdotali[8]. Nonostante il privilegio imperiale nel 1625 Filippo IV vende Agira a dei mercanti genovesi, ma la popolazione si tassa per pagare il riscatto che le permette di riottenere gli antichi privilegi[9].

La ricchezza di Agira nell’età spagnola e in genere nei secoli XV- XVII è testimoniata dal fatto che la maggior parte delle chiese esistenti subiscono ampliamenti e rifacimenti, atti a conferire maggiore sfarzo. Tra gli edifici di culto eretti in questo periodo bisogna ricordare le chiese di S. Antonio di Padova e di S. Pietro apostolo. Anche la vita religiosa è assai fiorente per la presenza di vari ordini monastici sia maschili che femminili[10].

La prosperità economica del paese è testimoniata dalla presenza di un’importante fiera nel periodo 1-18 maggio, in occasione della festa di S. Filippo, che richiama grandi masse di forestieri dalle zone circostanti. Nel corso di questo secolo anche il culto di S. Filippo assume nuovo splendore e nel 1599, durante i lavori di ampliamento della chiesa di S. Maria Latina, vengono rinvenuti i resti del santo insieme a quelli di altri santi[11].

Nell’ottocento il numero della popolazione e la ricchezza del paese iniziano a declinare per vari motivi, quali la mancanza di fondi pubblici, i dazi esorbitanti sui generi di prima necessità, l’ingordigia degli appaltatori delle tasse, lo spopolamento dovuto all’emigrazione e al fatto che molti avviano i figli alla carriera ecclesiastica , la mancanza di strade.

Durante il periodo risorgimentale anche Agira risente di un certo spirito rivoluzionario per la presenza di alcuni carbonari che si riuniscono a casa del barone Zuccaro, mentre il passaggio di Garibaldi suscita, come negli altri paesi siciliani, più entusiasmo momentaneo che reali cambiamenti[12].

Tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento si fa sempre più larga la piaga dell’emigrazione che in questo periodo ha come meta le due Americhe, le cui terre sembrano promettere delle possibilità di vita più prospera e tranquilla. Durante la prima guerra mondiale molti sono i caduti. Nel periodo fascista viene eretto un monumento, in piazza Fortunato Fedele, ai giovani morti in battaglia in terra lontana.

Durante la seconda guerra mondiale il paese rischia di essere bombardato in seguito alla resistenza di alcuni tedeschi che non vogliono arrendersi agli americani.

Se nel passato Agira è stato un grosso centro abitato con la presenza di più di ventimila abitanti, oggi il numero degli abitanti è decisamente sceso intorno alle novemila unità. La popolazione appare dedita al terziario costituito da un commercio limitato al paese e da impieghi di tipo amministrativo. L’industria manca nel territorio agirino. L’agricoltura e l’allevamento continuano ad occupare parte della popolazione, ma per la loro lenta meccanizzazione risultano ancora poco capaci di attirare i giovani.

[1]

Cfr.: R. PATANÈ, Agira, Enna 1986; F. M. PROVITINA, Agira nella storia della Sicilia, Palermo 1983; A. MORI–G. LIBERTINI, Agira, in: Enciclopedia Italiana,  Roma 1949, 892; G. SCIBONA, Agira, in: Archivio Storico  Messinese , s. III, XXXII, 1981, 333-359.

[2]

Cfr. T. FAZELLO, Della storia della Sicilia deche due, Palermo  1817,  577-582;  B. ATTARDI, Storia dell’integra città d’Agira , Palermo 1742; A. RUBULOTTA, Storia di S. Filippo d’Agira, Malta 1876, 49-51.

[3]

Diodoro Siculo,  nato ad Agira nell’età di Augusto,  parla di Agira e della sua storia in diversi libri della sua opera Biblioteca  storica.

[4]

Tra i riti in onore di Eracle, consistenti in vari sacrifici e gare con i cavalli presso la porta chiamata eraclea, va ricordata l’abitudine dei giovani di Agira di consacrare i capelli a Iolao, nipote e compagno di Eracle. Tale costume era diffuso ad Agira fino agli inizi del nostro secolo con la semplice sostituzione di S. Filippo all’eroe pagano. Di tali riti è possibile trovare menzione in: Diodoro Siculo e la storiografia classica, Atti del Convegno Internazionale, Catania-Agira 7-8 dicembre 1984, a cura di E. Galvagno e C. Molè Ventura, Catania 1991, 227-253.

[5]

Con il nome di decumano i romani indicavano i soldati della decima legione.

[6]

Per maggiori informazioni leggi: L. CRACCO RUGGINI, La Sicilia tra Roma e Bisanzio, in Storia della Sicilia iii, Napoli 1980, 47-52; C. PASINI, Vita di S. Filippo attribuita al monaco Eusebio, Roma 1981, 21-22.

[7]

B. ATTARDI, Storia, cit., 249 ss., riporta il testo latino con cui viene concesso il diritto.

[8]

Tale rappresentazione è rimasta invariata nel corso dei secoli. Soltanto tra il 1882 e la fine del secolo, a S. Filippo venne sostituito Eracle che lotta con l’idra di Lerna in obbedienza allo spirito anticlericale del tempo. La fiera opposizione di prelati, come il Sinopoli, fece sì che si ritornasse all’antica immagine.

[9]

Cfr. R. PATANÈ, Agira, cit., 21.

[10]

A tal proposito così come sulla litigiosità tra le varie collegiate e sulla lotta per il matriciato interessanti notizie si trovano nell’archivio dell’arcidiocesi di Catania in Miscellanee paesi S. Filippo di Agira (carpette n. 132, 199, 222), nelle relazioni ad limina pubblicate da A. LONGHITANO su Synaxis, semestrale dello Studio Teologico S. Paolo di Catania, nell’archivio della parrocchia di S. Margherita in Agira.

[11]

Su tale ritrovamento esiste una relazione scritta, rintracciata nell’archivio dell’Abbazia di S. Filippo, però redatta nel dicembre del 1647.

[12]

Cfr. R. PATANÈ, Agira, cit., 25-28; G. TROVATO, Agira passato e presente tra le vie di una città, Agira 1985.

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