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La vita di S.Filippo d'Agira

La vita di San Filippo d'Agira - Vita di San Filippo

Indice articoli

 

VITA DI S. FILIPPO  

La nascita La vita di San Filippo d'Agira

Filippo nasce in Tracia quando i genitori sono ormai avanti negli anni e hanno perduto i figli nati precedentemente. Questi, infatti, erano stati travolti dalle acque del fiume  Sagari il giorno della festa dell’Esaltazione della Croce, mentre con il bestiame lo stavano attraversando[1]. I genitori, quando vengono informati della disgrazia non sanno darsi pace e, prostrati dal dolore, pregano Dio di voler loro concedere la grazia e la gioia di un nuovo figlio. Dio, apparso in sogno all’anziana donna, la rassicura che le sue preghiere hanno trovato ascolto e saranno presto esaudite e chiede di dare al bambino che nascerà il nome  Filippo. Questa, svegliatasi, racconta tutto al marito e dopo nove mesi i due accolgono pieni di gioia e di gratitudine il nuovo figlio al quale viene imposto il nome Filippo.

[1]

La vita pseudo-atanasiana ricorda, invece, un solo figlio, avuto da genitori in età già avanzata.

 

 

Ordinazione diaconale e partenza per Roma

Dopo un’infanzia trascorsa nello studio della parola di Dio e dopo aver consolidato la propria formazione cristiana,   Filippo   viene ordinato diacono  alla  età di ventuno anni e parte alla volta di Roma. Qui lo spinge  il desiderio di conoscere la città e il suo vescovo di cui aveva sentito parlare dai genitori e soprattutto dalla madre.

 

 

 

 

La tempesta sedata

Durante il viaggio per mare  Filippo insieme  agli altri passeggeri della nave rischia di morire annegato a causa di una tempesta che ingrossa le acque. Tutti allora si rivolgono a Filippo perché con la sua preghiera ottenga da Dio la salvezza. La preghiera fiduciosa di Filippo e l’intervento dello stesso apostolo Pietro, apparso al nocchiero della nave, riescono ad evitare il naufragio permettendo a tutti di arrivare incolumi a Roma. Qui Filippo giunge assieme ad Eusebio, un monaco che conosce il latino, lingua a lui sconosciuta, e che gli sarà compagno per tutta la vita.

 

 

 

 

Ordinazione sacerdotale e invio in Sicilia

 


 

 Non appena  Filippo giunge a Roma viene convocato dal pontefice che era stato informato del suo arrivo per ispirazione divina. Il papa lo invita così a partecipare alla celebrazione liturgica e a svolgere il suo ministero diaconale. Attraverso l’imposizione delle mani e la benedizione, il pontefice consente a Filippo  di esprimersi in latino all’interno della liturgia. Questo miracolo si ripete quando Filippo esprime il desiderio di parlare latino anche in contesti che non siano liturgici. Il papa stesso, dopo aver operato il miracolo, lo ordina sacerdote e lo invia in Sicilia con la missione di evangelizzare e soprattutto di  liberare Agira dai demoni che vi si sono rifugiati. In questa occasione il papa consegna a Filippo un decreto[1], scritto da lui stesso, perché  con esso lotti contro le potenze demoniache. Filippo, dopo aver preso il decreto e aver  promesso fedeltà al pontefice, prega Iddio perché  lo aiuti nella missione affidatagli. Quindi s’imbarca insieme ad Eusebio su una nave che li porta fino  alla città di Messina.

[1]

Questo decreto che si presenta come un vero e proprio volume è presente come elemento caratteristico dell’iconografia del Santo. Egli viene infatti rappresentato con un libro nella mano sinistra e con la destra  benedicente. Nella tradizione latina il decreto è speso identificato col Vangelo. Per gli ortodossi, che anche mantengono il culto a s. Filippo, il decreto sarebbe il dogma di Calcedonia (451) col quale si vuole difendere la divinità del Verbo incarnato contro l’eresia ariana.

 Arrivo ad Agira 


Raggiunta Messina, Filippoed Eusebio partono a piedi alla volta di Agira. Giunti nella città, si siedono in un antro all’interno del quale Filippo per tre giorni compie numerose guarigioni. Quindi sale sulla sommità del monte, posto di fronte all’Etna e in cui si trovano alcuni demoni qui rifugiatisi dopo essere stati liberati dai vasi in cui erano rinchiusi a Gerusalemme. Filippo, utilizzando il volume consegnatogli dal pontefice, impartisce una benedizione in seguito alla quale vede i diavoli precipitarsi giù dal monte, gridando il proprio dolore per essere stati raggiunti e scacciati dalla potente mano dell’apostolo[1].

 

[1]

Trova così giustificazione la tradizione che attribuisce la costruzione della chiesa dedicata a S. Pietro in vinculis, sulla sommità del monte sul Agira sorge, a S. Filippo.

 

  

L'azione apostolica e la vita sacerdotale


Ad Agira Filippo vive una vita sacerdotale austera prendendo come dimora la grotta che si trovava ai piedi del monte, fuori le mura della città. Sempre dedito alla preghiera, alla penitenza e all’evangelizzazione. Lo spirito apostolico lo spinge a lottare con le armi soprannaturali per liberare gli uomini dalle insidie del maligno e guidarli nella via della fede. Se durante il giorno era impegnato con gli uomini, ben volentieri toglieva delle ore al sonno della notte per dedicarsi al colloquio filiale e fiducioso con Dio. È, ad Agira, uno strenuo operatore di pace, annunciatore fedele del Vangelo, insegna il comandamento dell’amore, lo pratica perdonando quanti lo combattono, testimoniando, così, che, coloro che vivono nell’amore di Cristo Gesù, possono perdonare e amare come lui perdona ed ama. Si prodiga per le persone bisognose, poveri, malati, emarginati. Presto si diffonde la sua fama di taumaturgo e operatore di miracoli.

 

 

  

 Guarigione del la fanciulla indemoniata

Poco dopo viene presentata a Filippo una fanciulla, figlia di un uomo ricco e timorato da Dio,  tormentata da uno spirito immondo. Filippo appena la fanciulla giunge al suo cospetto impone su di lei le mani ed ordina al demonio che la tormenta di lasciarla libera nel nome di Gesù Cristo e per intercessione dell’apostolo Pietro (8).

 

 

 

 

 

Distruzione degli idoli pagani

 


 

Il miracolo appena compiuto da Filippo fa sì che una moltitudine di uomini e donne, posseduti dal demonio, vengano liberati dagli spiriti immondi dopo aver chiesto ed ottenuto la sua intercessione. In questo stesso momento è grande e potente l’azione di Filippo che riuscì anche ad indurre gli abitanti di Agira a porre fine ai riti demoniaci ed alla offerta di doni presso le tombe dei defunti. Così, mentre distrugge le statue dei falsi dei e i templi loro dedicati, il santo sacerdote  si prodiga nella predicazione e nella edificazione e consacrazione di nuovi luoghi di culto. Qui il popolo di  Agira può finalmente adorare l’unico vero Dio, ormai libero dalla superstizione e dal culto degli dei menzogneri verso cui li guidava l’azione del  demonio.

La resurrezione del fanciullo Giovanni  

Un giorno, mentre Filippo sta recandosi in un luogo appartato per pregare, gli viene incontro una coppia di sposi piangenti e disperati a causa della morte del loro unico figlio. Il ragazzo di nome Giovanni, infatti, era andato poco prima ad attingere dell’acqua alla fonte detta Maimone e, avendola assaggiata, era morto all’istante.  Filippo, conosciuto l’accaduto, corre presso la fonte e, visto il ragazzo privo di vita, lo prende per mano e lo invita a svegliarsi, chiamandolo per nome e invitandolo ad alzarsi nel nome  del Dio dei viventi Filippo non ha ancora finito la sua esortazione che già Giovanni apre gli occhi  e il santo sacerdote può così consegnarlo ai suoi genitori e insieme a loro lodare e ringraziare Dio per quanto ha appena operato. Filippo allora rivolgendosi al demonio, che avvelenava l’acqua della fonte, lo condanna a restare incatenato nella grotta, in cui ha scelto di abitare, fino alla fine dei tempi. Ciò avverrà, dice Filippo, per opera dello Spirito Santo e dell’arcangelo Gabriele e il demonio non costituirà più un pericolo per gli uomini.

 

  

Guarigione di Atanasio

Un giorno Filippo stava seduto a  leggere e a meditare il Vangelo, quando gli si fa incontro un vecchio avaro, chiamato Atanasio, che era stato morso da una vipera. Questi con il corpo ormai pieno del veleno mortale, si avvicina a Filippo, lamentandosi per il dolore e implorando di essere guarito. Allora il Santo, dopo avergli fatto promettere che una volta guarito si terrà lontano dal compiere le malvagità che hanno caratterizzato la sua vita precedente, sputa a terra e, dopo aver fatto del fango con la saliva, glielo spalma sulla ferita rendendogli la salute.

 

 

 

Guarigione di una donna

Una donna giaceva a letto ormai vicina  alla morte a causa di un feto morto già da quattro giorni.  Quand’ecco passa vicino alla sua casa  Filippo che chiede ai suoi familiari quale dolore travaglia la donna.  Così, conosciuta la causa del suo male, prende dell’acqua con le mani e la versa in un tazza. Poi esorta i parenti di far bere l’acqua alla donna nel nome del Signore. Quando la donna beve l’acqua il parto è immediato ed ella è guarita all’istante.

 

Guarigione di una emorroissa

Nella regione c’era una donna che soffriva un flusso ininterrotto di sangue da nove anni e, pur avendo consultato molti medici e spese molte ricchezze, non era riuscita a trovare un rimedio e a stare meglio. Questa, avendo sentito parlare del santo e delle grandi cose da lui compiuti, si reca da Filippo e, poiché egli stava celebrando la Messa, si mette in disparte ma abbastanza vicino al luogo dove egli celebra i sacri misteri. Così quando Filippo si lava le mani, la donna prega il suddiacono perché  le dia l’acqua con cui il Santo si è appena lavato e gli porge un panno di lino con cui egli possa asciugarsi. Così quando Filippo si lava le mani il suddiacono dà l’acqua alla donna e questa, ricevutala con fede e bevutane una parte, è subito risanata per volere di Dio.  Poi porta a casa il panno con il quale il Santo si è asciugato le mani e, trovando una donna che giaceva  ammalata da tre anni, glielo mise addosso  pregando Dio affinché  per l’intercessione del suo santo sacerdote la risani. Nel momento in cui la donna è toccata dal lino torna ad essere sana e, alzatasi, dà lode a Dio che per mezzo dei suoi servi opera tali guarigioni

 

[1] Evidente in questo miracolo la dipendenza e la stretta relazione che gli autori delle due agiografie intendono avere col Vangelo di Cristo (cfr. Mt 9,20-22 e paralleli) del quale Filippo è presentato come imitatore.

Guarigione di Leonzio

Un giorno mentre Filippo stava celebrando la festa dell’apostolo Pietro giunge da lui un uomo di nome Leonzio la cui gamba presentava una ferita in putrefazione. Questi giunto al cospetto del Santo grida a gran voce perché conceda anche a lui una grazia. Allora Filippo, mosso a compassione, ordina al suddiacono di prendere l’acqua con la quale si è appena lavato le mani, di uscire fuori dalla chiesa, di impastare della terra e con questo unguento di medicare la ferita di Leonzio. Il suddiacono compie ciò che Filippo gli ha ordinato ed ecco Leonzio ritorna sano per grazia di Dio e per intercessione del santo sacerdote Filippo.

 

 

 

Il pellegrino accecato da un demonio

Vicino al tempio del santo si trovava un’arca  dentro alla quale, con il  permesso di Dio,  abitava un demonio che verso mezzogiorno privava della vista quanti passavano vicino. Così un giorno un pellegrino, già colpito da una grande infermità, giunge verso mezzogiorno nei pressi dell’arca e, ignaro del pericolo che stava correndo, vi si siede vicino. In quello stesso istante il demonio lo priva della vista e al pover’ uomo non resta che appellarsi allo spirito di compassione dei viandanti e farsi condurre da Filippo. Giunto al suo cospetto lo implora di guarirlo della duplice infermità, visto che, essendo giunto fino al  tempio del santo a causa del male che lo affliggeva, adesso è stato privato anche della vista. Allora Filippo, pieno di sdegno, condanna il demonio a rimanere cieco fino alla fine dei tempi, restando nell’arca vicino al tempio ma inoffensivo per uomini e animali. Il pelleggrino, così ottiene la guarigione sia della malattia a causa della quale era venuto da Filippo sia della cecità provocatagli dallo spirito immondo e se ne va lodando Dio ed il suo servo Filippo.

 

  

I dodici uomini di Agrigento


L’intercessione di Filippo non si ferma solo ai casi  di malattia fisica, perché  chiunque  sia in difficoltà per qualsiasi motivo e per intervento del maligno ottiene da lui aiuto e sostegno. Dodici uomini, infatti, della regione di Agrigento erano caduti in un intrigo ed erano stati accusati dal  loro arconte presso il governatore di aver cospirato contro lo stesso governatore. L’accusa terribile aveva fatto sì che essi venissero condannati alla pena capitale e condotti in catene a Catania per essere giustiziati. Lungo il cammino avevano pregato i soldati, ricompensandoli con del denaro, di condurli ad Agira per incontrare Filippo nella speranza ottenere, grazie all’intervento di questo, un trattamento clemente da parte del governatore. I soldati, mossi a pietà, acconsentirono che si sostasse ad Agira per incontrare il Santo. Quando i prigionieri giungono davanti al tempio di Filippo levano grandi grida per implorare il suo intervento in modo da smascherare l’arconte che ha scritto su una lettera, debitamente sigillata, un’ingiusta e falsa accusa a causa della quale vengono condotti dal governatore per essere giustiziati anche se innocenti. Mentre parlano ed implorano l’intervento di Filippo, mostrano la lettera sigillata. Filippo, allora, prega Iddio  perché, grazie alla potenza divina e alla sua intercessione, nella pergamena sia scritto che i dodici uomini sono stati accusati ingiustamente dall’arconte permettendo così che il governatore sia benevolo nei loro confronti e li rimandi a casa senza averli puniti in alcun modo.  Rincuorati dalla preghiera di Filippo, gli uomini partono alla volta di Catania scortati dai soldati. Giunti al cospetto del governatore, questi, aperta e letta la lettera, ordina ai soldati di liberare gli uomini dalle catene perché non hanno commesso alcun reato e non hanno tramato nulla contro di lui. Decreta,  inoltre, che, poiché i dodici agrigentini sono stati accusati ingiustamente, sia dato loro del cibo ed il permesso di tornare a casa liberi. Così gli uomini tornano a casa glorificando Dio che per mezzo del suo sacerdote Filippo li ha liberati dall’intrigo. Quando essi giungono ad Agrigento, l’arconte è preso dall’ira e un demonio si impadronisce di lui tormentandolo. Allora i dodici gli consigliano di recarsi da Filippo perché interceda per lui e lo liberi dallo spirito maligno. Così l’arconte si reca di corsa da Filippo e lo supplica di liberarlo dal demonio che lo tormenta. Filippo, dopo avergli fatto notare che non merita la guarigione a causa della sua stolta condotta, a seguito delle insistenze del sofferente ordina allo spirito di uscire da lui nel nome di Cristo morto e risorto. Così anche quest’uomo viene risanato e torna a casa glorificando Dio.

Guarigione di una badessa

Una monaca, che era badessa del  monastero dei santi Sergio e Bacco, era terribilmente oppressa da uno spirito immondo. Perciò giunge da Filippo mentre sta pregando, e ne afferra un lembo del mantello mordendolo. In quello stesso momento ottiene la guarigione e ritorna al suo monastero lodando Dio.

Tre uomini dalla Lidia

Tre uomini provenienti dalla Lidia erano giunti in Sicilia con una somma di denaro per comprare del grano. Satana, però, suggerisce ad uno di loro di sottrarre la somma che avevano in comune e di occultarla. Gli altri due sconcertati e pieni d’affanno per aver perso il denaro, avendo sentito parlare dei miracoli compiuti da Filippo, si recano  da lui e lo implorano di aiutarli a ritrovare il denaro perduto. Allora Filippo dice loro di stendere la mani sul fango dove egli si trova e di prenderne una manata. Dopo che i tre uomini fanno ciò che il Santo ha loro richiesto li invita a stendere per la seconda volta le mani. Così quando due di essi stendono le mani, appaiono pulite come se fossero state lavate. Colui, invece, che aveva commesso il furto non riesce  a liberare la mano perché  il fango si era seccato e gli tratteneva le dita. Quindi Filippo lo esorta a restituire il denaro ai compagni ed ottenere così la guarigione della mano.

Preghiera di Filippo e fuga dei demoni

Un giorno Filippo ed il suo amico e compagno Eusebio vanno a pregare nella chiesa dedicata all’apostolo Pietro. Durante la preghiera notturna verso mezzanotte, sentono la voce di uno spirito immondo che invita gli altri compagni  a fuggire via perché  Filippo è salito sul monte ed il fuoco li sta distruggendo. Allora Eusebio chiede a Filippo ragione del grido che ha udito ed il Santo gli risponde che quelli sono spiriti immondi immigrati da un’altra regione e lo esorta a continuare  a pregare perché  Dio per mezzo di loro peccatori li ammonisca e li cacci lontano da Agira. Improvvisamente mentre erano in preghiera esce dal tempio un fuoco che stana e scaccia i demoni. Da quel giorno, grazie all’intervento di Filippo, nessun uomo, o fanciullo o bestia riceve più alcun danno a causa degli spiriti immondi che facevano prima rotolare dal monte in via Catapedonte grossi massi ogni giorno verso mezzogiorno causando dei morti e feriti tra la popolazione indifesa.

Lode di Eusebio

Al vedere sì grande prodigio Eusebio non può fare a meno di tessere le lodi  di  Filippo e di S. Pietro da cui Filippo è stato consacrato presbitero e di cui è un vero imitatore. Eusebio è ammirato da Filippo che, ad imitazione di S. Pietro che pasce e guida il popolo di Dio affidatogli da Cristo, difende il suo gregge di Agira dalle bestie selvagge quali sono gli spiriti immondi. Per questo tutto il  popolo di Dio dovrebbe fabbricargli un’arca d’oro, un tempio lastricato d’argento e soprattutto rivolgergli continue suppliche non avendo mezzi adeguati per ringraziarlo delle grazie ottenute da Dio per sua intercessione. Filippo allora lo invita a rendere lode a Dio che grazie a lui, peccatore, opera grandi cose per il suo popolo.

Nascita di Filippo da Palermo

Un uomo di Palermo, che aveva molte ricchezze ma era senza figli, avendo sentito parlare di Filippo e dei miracoli da lui operati, decide di recarsi ad Agira per chiedere la sua intercessione. Giunto nella città e visto Filippo intento a pregare si rivolge ai servi che lo accompagnano indicando Filippo come colui che gli è apparso in sogno e lo ha invitato a recarsi da lui. Egli infatti è certo che Filippo, come nel sogno, si alzerà e verrà loro incontro per invitarli a pregare nel tempio dopo essersi informato sul loro luogo di origine e sul motivo della visita. Nello stesso istante Filippo, preveggendo tutto per divina ispirazione, si alza dal luogo dove sta pregando e rivolto al monaco Eusebio lo esorta a chiamare quegli uomini arrivati da lontano per fargli visita. Eusebio esegue subito ciò che gli è stato ordinato e invita l’uomo e i suoi servi a recarsi da colui che desiderano ardentemente incontrare. L’uomo allora ringrazia Dio per aver trovato colui che cercava e si dice certo di poter ottenere ciò che spera. Arrivato al cospetto del santo sacerdote si getta ai suoi piedi dicendo che è certo che lui conosce per divina rivelazione il motivo della sua visita. Filippo allora lo invita a tornare nella sua Palermo rassicurandolo sul fatto che ha già ottenuto ciò per cui era venuto a chiedere la sua intercessione. L’uomo, tornato a casa, trova la moglie piena di gioia perché  in sogno ha visto il venerabile presbitero Filippo che l’avvisava dell’arrivo del marito e del fatto che lei avrebbe concepito un figlio a cui dovrà essere imposto il nome Filippo. Così l’uomo dopo aver lodato Dio per quanto stava operando a loro favore per intercessione di Filippo, narra alla moglie tutto quello che è accaduto ad Agira. Quindi si unisce alla moglie e questa concepisce e dà alla luce un figlio maschio al quale viene dato il nome Filippo.

Filippo vien portato ad Agira

Quando il fanciullo compie l’ottavo anno di età  il padre lo conduce ad Agira da Filippo. Il santo presbitero appena lo vide prese con gioia le sue mani, lo condusse nel tempio e lo benedisse esortandolo a tornare nella propria città dove costruirà un tempio al Signore. Tornati a Palermo quando il ragazzo raggiunge l’età idonea il padre lo fa ordinare diacono.

 

 

 

 

Opera di Filippo diacono a Palermo

Il santo presbitero Filippo nel congedare il giovane Filippo gli aveva ordinato di non accumulare ricchezze ma di amministrare i propri beni a favore dei poveri. Così Filippo, ordinato diacono, mette in pratica questo comando assieme al padre offrendo con gioia tutti i propri beni ai poveri. Il fanciullo aveva ricevuto da Filippo una delle sue tuniche, un asciugatoio e la fascia con cui si cingeva i fianchi. Partito da Agira con questi doni, durante il viaggio incontra un uomo paralizzato a causa del morso di un serpente. Filippo diacono cinge l’uomo con la fascia e gli ordina di alzarsi e camminare. Allora, l’uomo si alza perfettamente guarito mentre la notizia dell’accaduto si sparge nella città. Così molti uomini e donne si recano da Filippo il diacono per ottenere guarigioni per mezzo degli oggetti donati dal santo presbitero al ragazzo. Così anche a Palermo il popolo rende grazie a Dio per i doni concessi grazie all’intercessione di Filippo mentre i miracoli si moltiplicano[1].

[1] Degli episodi che hanno come protagonista Filippo da Palermo non si trova traccia nella vita pseudo-atanasiana. La tradizione popolare vuole che Filippo diacono, detto anche il palermitano, resta ad Agira sotto la tutela di S. Filippo ‘u ranni.

Morte di Filippo

Dopo la sua vita gradita a Dio e dopo tutti i prodigi operati, quaranta giorni prima della sua morte, Filippo appare in sogno ad un notabile della regione chiamato Belisario. Questi, dopo la visione notturna, giunge ad Agira recando con sé  la sua famiglia. Qui ecco ripetersi il sogno nel quale Filippo gli indica la forma della chiesa che a lui dovrà essere dedicata e che sarà il luogo della sua sepoltura. Così lo stesso Belisario costruisce dapprima due arche, una per il monaco Eusebio, fedele compagno del santo sacerdote e suo agiografo, l’altra per accogliere le venerande spoglie di Filippo, quindi il tempio a lui dedicato. Nello stesso tempo Filippo compone la commemorazione funebre da recitarsi in suo ricordo. Quindi, compiuti i divini misteri, il 12 maggio si sdraia nella sua santa urna e all’età di 63 anni rimette il suo spirito nelle mani di Dio, Creatore e Signore, sicuro che chiunque muore in Lui, vivrà in eterno[1].

 [1] La vita pseudo-atanasiana fa avvenire la morte di S. Filippo, già vecchio, in un luogo che dista tre miglia da Messina, dove il Santo si era recato per operare diversi miracoli. Dopo la sua morte il corpo sarebbe stato traslato ad Agira in una preziosissima cassa. 

 

Miracoli dopo la morte

 


 

Anche dopo la sua dipartita per la patria celeste, Filippo continua a beneficare quanti ne chiedono l’intercessione. Un monaco, infatti, di nome Eulabio, giunto dalla città di Palermo, ottiene la liberazione da uno spirito immondo che lo tormentava terribilmente dopo che Filippo ha tracciato il segno della croce con il volume che reca in mano anche nel sepolcro. In seguito al diffondersi delle fama dei suoi innumerevoli miracoli, giunge presso la sua tomba un numerosa folla di sofferenti che chiedono l’intercessione del santo sacerdote presso Dio ottenendo immediatamente la guarigione. Quanti, infatti, vengono a pregare presso il suo santo sepolcro con fede, timor di Dio e amore, sono liberati dalle tentazioni, dai pericoli, dai demoni, dalle calunnie, da ogni genere di malattia e da tutte le calamità naturali.

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