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La venuta di San Filippo ad Agira

La venuta di San Filippo ad Agira: una disputa storica superata?

convegno del 1999 organizzato per il quadricentenario del ritrovamento delle reliquie di San Filippo d'AgiraLe diverse letture sulla vita di san Filippo di Agira – cui sto dedicando una ricerca che spero di dare alle stampe –, e per ultimo l'articolo San Filippo inviato dal papa evangelizzò la Sicilia del I secolo, pubblicato a firma di Giuseppe Fumia sul quotidiano «La Sicilia» il 17 maggio scorso (p. 47), mi hanno portato a riflettere sulla incidenza nella conoscenza del santo "agirino" del convegno, tenutosi ad Agira nel 1999, programmato e organizzato dal Comitato delle manifestazioni per il quadricentenario del ritrovamento delle reliquie del patrono di Agira e di altri santi. In quell'incontro, che ebbi il piacere e l'onore di coordinare, vennero presentati i risultati di studi frutto di ricerche specialistiche serie e approfondite sulla figura di Filippo e furono divulgate notizie riguardo al tempo della sua venuta e alla sua vita che permettono di comprenderne meglio la discussa personalità e di evitare le «verità» palesemente anacronistiche e grossolane diffuse da una certa stampa facilona, a volte, supportata da una incauta e maldestra politica pseudoculturale. Nonostante ciò – è opportuno qui ricordare che studiosi di grande rilievo, come Cesare Pasini, Aldo Messina e Salvatore Vacca, parteciparono al simposio e proposero relazioni nuove e interessanti, in linea con le aspettative degli organizzatori –, si continuarono e ancora oggi si continuano a leggere (anche sul web) affermazioni stantie, attardate su posizioni vecchie e superate. Prendendo spunto da quanto recentemente scritto sui giornali, va innanzitutto detto che quando si parla di un santo di nome Filippo bisogna indicarlo con...

convegno del 1999 organizzato per il quadricentenario del ritrovamento delle reliquie di San Filippo d'AgiraLe diverse letture sulla vita di san Filippo di Agira – cui sto dedicando una ricerca che spero di dare alle stampe –, e per ultimo l'articolo San Filippo inviato dal papa evangelizzò la Sicilia del I secolo, pubblicato a firma di Giuseppe Fumia sul quotidiano «La Sicilia» il 17 maggio scorso (p. 47), mi hanno portato a riflettere sulla incidenza nella conoscenza del santo "agirino" del convegno, tenutosi ad Agira nel 1999, programmato e organizzato dal Comitato delle manifestazioni per il quadricentenario del ritrovamento delle reliquie del patrono di Agira e di altri santi. In quell'incontro, che ebbi il piacere e l'onore di coordinare, vennero presentati i risultati di studi frutto di ricerche specialistiche serie e approfondite sulla figura di Filippo e furono divulgate notizie riguardo al tempo della sua venuta e alla sua vita che permettono di comprenderne meglio la discussa personalità e di evitare le «verità» palesemente anacronistiche e grossolane diffuse da una certa stampa facilona, a volte, supportata da una incauta e maldestra politica pseudoculturale. Nonostante ciò – è opportuno qui ricordare che studiosi di grande rilievo, come Cesare Pasini, Aldo Messina e Salvatore Vacca, parteciparono al simposio e proposero relazioni nuove e interessanti, in linea con le aspettative degli organizzatori –, si continuarono e ancora oggi si continuano a leggere (anche sul web) affermazioni stantie, attardate su posizioni vecchie e superate. Prendendo spunto da quanto recentemente scritto sui giornali, va innanzitutto detto che quando si parla di un santo di nome Filippo bisogna indicarlo con un aggettivo qualificativo, nel nostro caso con il toponimo di Agira, per distinguerlo, cosa a cui fa pensare il titolo dell'articolo di Fumia, dall'apostolo Filippo e dai tanti altri Filippo con i quali non va confuso. Dinanzi alle tante invenzioni o alle cervellotiche elucubrazioni che si leggono sul taumaturgo agirino, mi sembra utile riprendere le acquisizioni del convegno, premettendo, come sarà possibile constatare, che condivido il giudizio di massima espresso dagli specialisti sulle pubblicazioni di scrittori locali del Novecento, giudicate prive di spessore scientifico.

La letteratura su Filippo di Agira è stata copiosa e varia dalla seconda metà del 1500 al 1700 e si è formata attorno e a sostegno di tesi contrapposte, a volte assai aspre e polemiche. Di tale letteratura, che si trova elencata in Alessio Narbone, Bibliografia sicola sistematica, I, Palermo 1850, pp. 396 e 424, Cesare Pasini, agiografo di chiara fama e validità, nel 1981 ha scritto che «non metteva conto d'esser citata e ancor meno analizzata». Le opinioni a confronto scaturiscono da una duplice tradizione scritta, narrata in due Vite in greco dal valore fortemente dissimile. La più antica è anche più lunga e sarebbe stata compilata da un monaco di nome Eusebio che si dice compagno del santo. Redatta, forse ad Agira, nell'880-900, è ritenuta dagli specialisti la più importante e pone la venuta del santo ai tempi dell'imperatore Arcadio (395-408). L'altra è stata compilata tre o quattrocento anni dopo, cioè nel 1200-1300, con buona probabilità a Messina, nel convento di san Filippo il Grande. Essa è assai più corta ed è stata attribuita erroneamente al vescovo di Alessandria sant'Atanasio. Chi l'ha scritta, l'ha fatto con l'interesse, non dichiarato ma evidente, di rinverdire la fama del suo monastero in declino. L'autore, infatti, fa nascere san Filippo ai tempi di san Pietro e dell'imperatore Nerone, lo definisce monaco tra monaci (?), lo fa arrivare da Roma a Catania e da qui ad Agira e, infine, lo dà presente a Messina negli ultimi anni della sua vita, sino alla morte avvenuta proprio nel convento nel quale è stata scritta la seconda Vita e da dove poi le sue spoglie furono trasportate ad Agira (sic!). Questa Vita atanasiana-messinese, sulla quale è fondata la tesi nobilitante di san Pietro, è senza dubbio inattendibile. A tale proposito è sufficiente dire che già l'eminente bollandista Godefroid Henskens negli Acta Sanctorum del 1600 ha dimostrato sia la falsità dell'attribuzione, sia l'inequivocabile dipendenza dalla Vita di Eusebio, di cui ricalca anche la trama narrativa quale evoluzione in forma ridotta nell'ambito di una tendenza a nobilitare l'origine delle chiese riportandole all'età pietrina. Sull'argomento così a Zebbug si esprimeva Pasini nel 2005: «Non mette allora conto cercare nella Vita pseudo atanasiana elementi storici inerenti alle vicende di Filippo di Agira». Va comunque detto, per amore della verità storica, che la tesi relativa a san Pietro ha prevalso «a gran maggioranza» nei secoli XVII-XIX. Purtroppo non abbiamo fonti storiche, archeologiche o di altra natura che ci riportino a Filippo di Agira. Tutto ciò che sappiamo su di lui proviene da testi particolari che vanno letti e interpretati con una metodologia che non è quella utilizzata nei tantissimi lavori locali in circolazione, talvolta confusionari e banali.

Le più antiche notizie sul protettore di Agira provengono da un consistente dossier di letteratura agiografica e innografica leggendaria in lingua greca, solo in parte prodotta verosimilmente ad Agira. Altri dati che ci aiutano a conoscere Filippo, il suo contesto storico e il suo ambiente di fede arrivano da un gruppo di testi agiografici su diversi santi siciliani o di ambito italo-greco vissuti nel IX o nel X secolo, alcuni dei quali prima transitarono nel monastero di Agira che prese il nome di san Filippo e poi andarono a costruire conventi e a diffondere in Calabria e in Lucania il suo esempio di vita e il suo culto. L'agiografia, dice Réginald Grégoire, «non intende dare del santo un racconto storico preciso, un'ordinata successione dei fatti». Patrick J. Geary, poi, mette in guardia «sulle difficoltà connesse all'uso di materiale agiografico per la ricostruzione storica [...] in modo particolare per le Vitae» come, ad esempio, quelle che parlano di Filippo di Agira. I due bioi, con i loro contenuti dal carattere leggendario, danno, malauguratamente, indicazioni sul tempo della venuta di san Filippo ad Agira che sono molto diverse e contrastanti, ma, fortunatamente, rispettano le coordinate agiografiche volute dai bollandisti, ritenute necessarie e indispensabili per stabilire la storicità del santo: il nome del luogo dove è sepolto e il mese e giorno della sua morte – su San Filippo per qualche tempo ha anche aleggiato la nube dell'incertezza dell'esistenza.

La tesi pseudo atanasiana del I secolo, sebbene a livello scientifico sia stata superata da diverso tempo, purtroppo a livello divulgativo-popolare stenta a tramontare definitivamente (leggi articolo di Giuseppe Fumia). Le argomentazioni dei suoi fautori più antichi e importanti (Fazello, Pirro, Gaetani, Attardi) erano fondate sul modo di «fare storia» legato alla loro epoca e, come ha ribadito perentoriamente Salvatore Vacca nel convegno del 1999, sulla errata convinzione di dimostrare l'apostolicità della chiesa palermitana, facendo riferimento a san Filippo diacono di Palermo, discepolo del protettore di Agira. Gli storici agirini di fine Ottocento (Rubulotta, Sinopoli), che si sono ampiamente occupati di san Filippo sulla scia evidente di Bonaventura Attardi, hanno avuto come fondamento delle loro convinzioni la fede e il campanile. Sulle considerazioni di questi ultimi si può dire ciò che Gaetano Zito sostiene nella sua Nota storica sulle diocesi italiane : «a proposito delle tradizioni che fanno risalire l'antichità della propria Chiesa locale all'epoca apostolica o nei primi tre secoli, si tratta di un fenomeno che [...] viene ripreso in modo massiccio negli scrittori dei secoli XVII-XVIII, e permane ancora oggi in pubblicazioni, pur ricche di erudizione, ma preoccupate solo di difendere, contro l'evidenza scientifica, queste "venerande" e "pie" tradizioni». La certezza delle persuasioni dei suddetti storici, e dei tanti che citandoli hanno scritto in seguito, è stata spesso alimentata dall'opinione che le due Vite fossero sic et simpliciter vere e proprie fonti storiche, dimenticandone la particolarità. Altre volte, invece, hanno influito i «condizionamenti devozionali» o, peggio ancora, la convinzione dello scrittore di essere stato: a) letteralmente guidato per mano dal santo (sic!), b) costretto a scrivere, c) di sant'affetto acceso verso il gran santo. Questi aspetti, ovviamente, sono incompatibili con la ricostruzione storica e non si sposano con la ricerca e l'analisi scientifica dell'agiografia. Un esempio vale per tutti: sebbene le due Vite non portino ad ascrivere san Filippo tra i santi "neri", come uomo di pelle nera, una tradizione di secoli chiama il Nostro: San Filippu u niuru. Il primo ad averlo lasciato intendere è stato Tommaso Fazello che nel 1541, dopo aver visitato Agira (12 maggio), scrisse: «L'immagine di San Filippo [...] era alquanto (?) nera e altrettanto orribile (?) a vedersi». Da allora in poi si disse e scrisse che il colore della pelle di San Filippo era nero e ciò portò a indicarlo proprio come San Fulippu u niuru, come dimostra la successiva iconografia prevalente. La tradizione, tuttavia, vuole che tale colore non fosse di nascita ma acquisito per la diuturna frequentazione del fuligginoso mondo dei demoni.

Nell'ultimo trentennio studiosi di primissimo ordine, come Enrica Follieri, Cesare Pasini, Salvatore Pricoco, e moltissimi bizantinisti, con il rigore della scientificità che garantisce la storicità dei dati sono pervenuti a conclusioni molto innovative per quanto concerne la figura del santo e l'epoca della presenza di san Filippo ad Agira. Oggi, a mio avviso, se proprio si vuole, come vorrebbe Fumia, assegnare la palma a qualcuno che sia riuscito scientificamente a porre una pietra miliare per conoscere san Filippo di Agira, dobbiamo attribuirla a monsignor Cesare Pasini. L'attuale prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, infatti, al presbitero e persecutore di demoni Filippo di Agira ha dedicato diversi studi, pubblicando tutte e due le sue Vite in edizioni critiche e la loro traduzione (cui rimando per una più approfondita conoscenza).

A questo punto ci si chiede: chi è allora Filippo di Agira?

San Filippo di AgiraFilippo di Agira è di certo uno dei santi dell'Italia meridionale dell'Alto Medioevo (prima dell'anno Mille) più popolari nella Sicilia centro-orientale, in Calabria e in Lucania; nell'800 è sicuramente noto e venerato in terra macedone, dagli inizi del 1300 a Zebbug, nell'isola di Malta, per merito di un devoto catanese e, con probabilità, in Palestina nel secolo XI. Egli è un fervente cristiano – cittadino orientale dell'impero di Bisanzio/Costantinopoli, in perfetta sintonia con la curia papale di Roma –, un missionario che da un papa, di cui non si conosce il nome, ha avuto assegnato una mission, compiuta egregiamente, in Sicilia e indirettamente anche in Calabria. Qui diversi centri lo venerano come patrono e sono moltissime le chiese che sono state costruite per il suo culto o che hanno un altare a lui dedicato. Filippo è figlio di «Teodosio che, per stirpe, era di lingua sira e aveva preso in moglie una donna rispettabile chiamata Augia, originaria della grande città di Roma». Il padre vanta origini siriache solamente per lingua e la madre ha origini romane, ma non per questo si possono dire nati in Siria e a Roma o che Filippo sia Siriaco. Allo stesso modo, molti agirini – o leonfortesi, troinesi ecc. – hanno genitori nati in altre località, ma tale circostanza non implica che siano nati nei paesi dei loro padri o delle loro madri. Filippo è sicuramente un suddito dell'impero bizantino, viene dall'Oriente, vive e opera per un quarantennio ad Agira e quindi si può dire «agirino di adozione». Egli è un migrante che, spinto dalle impossibili condizioni della sua terra di origine per le scelte politico-religiose degli imperatori d'Oriente e/o per la minaccia degli arabi, arriva in Sicilia, ad Agira, nel corso del VII secolo (secondo Pasini), toccando forse i primi decenni del 700 (spero di dimostrarlo in un mio saggio di prossima pubblicazione), dove con la sua azione rafforza la presenza di Cristo in diverse città della costa ionica (Faro Superiore, Messina, Calatabiano, Limina, Aci San Filippo) e del centro (Assoro, Aidone, Piazza Armerina). Il suo culto e il suo modello di vita – quest'ultimo assunto come esempio e praticato da moltissimi monaci itineranti – si diffondono a macchia d'olio in ambiente italo-greco.

Filippo trascorre la maggior parte della sua vita ad Agira, dove muore probabilmente all'età di 63 anni. Secondo la tradizione, viene sepolto nella cripta/cateva (le sue reliquie resteranno qui per secoli) in una delle due arche costruite, come la chiesa a forma di croce, da un suo devoto, il nobile Belisario, su sua precisa indicazione. Il suo dies natalis per la vita a fianco di Dio è il 12 maggio, giorno della morte, divenuto dies festus confermato da una millenaria e mai interrotta tradizione. La sua figura ha storicamente lineamenti distintivi netti e inequivocabili, comprovati da fonti esterne: persecutore di demoni e taumaturgo grazie alla sua preghiera. Tutta la sua vita è contrassegnata dallo scontro, non solo spirituale dice la tradizione, con il demonio, che secondo Salvatore Pricoco ne è «il motivo dominante». È santo che compie miracoli in vita e in morte a testimonianza della grande predilezione di Dio; era umile, ma non povero – i genitori erano ricchi commercianti di bestiame –, migrante da Oriente a Occidente, consapevole che Cristo fosse venuto ed fosse morto per tutti gli uomini senza alcuna differenza. In un ambiente come il nostro che ci pone dinanzi a tantissimi e giornalieri esempi di intolleranza e fanatismo religiosi, mentre quelli di solidarietà e di convivenza tra i popoli sembrano meno ascoltati, Filippo emerge con sconvolgente attualità attraverso un messaggio che ci spinge a vederlo sotto nuova luce: egli non solo è esorcista e taumaturgo ma è anche, e soprattutto, simbolo dell'unità della Chiesa, emblema di dedizione, di donazione e di servizio all'altro.

Salvatore Longo Minnolo

Pubblicato in Sintesi storiche

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